I risultati di una nuova analisi americana riportano che il maggior numero di morti causate dal cancro al seno riguarda giovani donne che non si sottopongono regolarmente ai controlli. Lo studio, appena pubblicato sulla rivista Cancer, porta così nuove prove a sostegno di chi incoraggia le donne sotto i 50 anni a sottoporsi costantemente alla mammografia come esame di screening per scoprire l´eventuale presenza di un tumore.
UN ESAME «DISCUSSO» – La controversia sull´utilità o meno della mammografia è aperta da anni, negli Stati Uniti ma anche in Italia: per i suoi sostenitori, il test è il modo migliore per identificare un tumore prima che divenga sintomatico, quando è piccolo, le cure saranno meno invasive e le possibilità di guarire sfiorano il 95 per cento; chi è contrario si basa soprattutto sul fatto che lo screening comporta troppo spesso falsi allarmi, stress, diagnosi e cure in eccesso. In quest´ultima ricerca Blake Cady, professore emerito alla Harvard Medical School di Boston, e colleghi hanno adottato un parametro di indagine chiamato «analisi del fallimento» che, partendo dai decessi delle pazienti per carcinoma mammario, va ad analizzare le correlazione legate alla diagnosi.
LO STUDIO – I ricercatori hanno così indagato sui casi di tumore al seno invasivo diagnosticati al Partners HealthCare Hospitals di Boston tra il 1990 e il 1999, seguiti poi fino al 2007. Dei 609 decessi registrati, fra le oltre 7300 pazienti trattate, il 29 per cento riguarda donne che si erano sottoposte a screening mammografico, mentre il 71 per cento delle morti si è verificato in chi non aveva eseguito il test. Inoltre, solo il 13 per cento dei decessi è relativo a pazienti con 70 anni o più d´età, mentre ben la metà riguarda donne sotto i 50 anni. E, fra quante sono mancate a causa della malattia, l´età media alla diagnosi era di 49 anni. «La natura biologica del carcinoma mammario in giovane età è più aggressiva, mentre la neoplasia tende ad evolvere più lentamente e ad essere indolente nelle donne anziane – dice Cady -. E questo depone a favore di controlli più frequenti nelle giovani femmine, mentre lo screening può essere meno ravvicinato in età senile». Gli esiti dello studio sottolineano anche i molti progressi fatti nella cura del cancro al seno, visto che soltanto il 9,3 per cento delle pazienti è deceduto per via della neoplasia a oltre 12 anni dalla diagnosi (mentre le statistiche del 1969 riportavano una mortalità del 50 per cento). «Ma il fatto che la stragrande maggioranza dei casi letali (il 71 per cento, appunto) riguardasse donne che non avevano eseguito regolarmente i controlli mammografici dimostra chiaramente l´importanza dello screening per la diagnosi precoce della malattia», conclude gli studioso.
CASI IN AUMENTO NELLE 40ENNI – Ad oggi, negli Stati Uniti, l´American Cancer Society e le principali associazioni di ginecologi e radiologi raccomandano una mammografia annuale a tutte le donne fra i 40 e i 49 anni. In Italia l´incidenza del tumore al seno dopo una lunga fase di crescita è in calo dalla fine degli anni ´90, così come è in costante diminuzione la mortalità, grazie ai progressi nelle cure e nella diagnosi precoce. Oggi sono circa 46mila i nuovi casi diagnosticati ogni anno e la sopravvivenza media dopo cinque anni è circa del 90 per cento. A conti fatti, nel nostro Paese, la probabilità teorica di ammalarsi di carcinoma mammario nella vita riguarda una donna ogni otto e, come riportato dalle statistiche nazionali dei Registri Tumori, i casi sotto i 40 anni sono meno del cinque per cento del totale, ma ciò che appare ancora in crescita è l´incidenza nelle 40enni. L´offerta di screening in Italia va però dai 50 ai 69 anni con la mammografia ogni due anni e alcune Regioni invitano a farla gratuitamente anche le 45-49enni. Prima dei 45 anni gli esperti italiani suggeriscono di valutare con il proprio medico o senologo il da farsi, tenendo presente che la mammografia ha a quest´età un´efficacia minore e una risonanza magnetica «vede meglio» attraverso un seno giovane.
Tratto da Corriere salute
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